2° CONVEGNO NAZIONALE DEL CONSULENTE TECNICO E DEL PERITO - ROMA 25 ottobre 1997
2° CONVEGNO NAZIONALE DEL
CONSULENTE TECNICO E DEL PERITO
Il consulente tecnico ed il perito:
dall'attualità al prossimo futuro italiano.
E le prospettive europee?"
VENERDI' 25 ottobre 1997
orario 10,00 - 13,00 / 15,00 - 18,00
Aula Occorsio - Tribunale Penale di Roma
Tra gli intervenuti:
la Dott.ssa FRANCA AMADORI (Dirigente ufficio degli Affari Civili e delle libere professioni presso il Ministero di Grazia e Giustizia)
magistrati
Dott. FABIO MASSIMO GALLO (magistrato civile - Consiglio Superiore della Magistratura), Dott. TOMMASO SCIASCIA (Magistrato civile e responsabile ufficio C.T.U. presso il Tribunale di Roma), Dott.ssa MARGHERITA GERUNDA, (Sostituto Procuratore Generale di Roma), Dott. ANTONIO CAPPIELLO (Presidente sezione penale Tribunale di Roma), Dott. MARIO CASAVOLA (magistrato civile)
avvocati
Sen. Prof. Avv. GUIDO CALVI (Avvocato penale), Prof. Avv. CARLO TAORMINA (Avvocato penale), Avv. SALVATORE STAIANO (Avvocato penale)
In rappresentanza altri organismi
Avv. ALBERTO COLABIANCHI (delegato dalla Commissione europea), Ing. DOMENICO RICCIARDI (Presidente Ordine Ingegneri Roma e Provincia), UMBERTO SANNINO (Resp. problemi europei Ordine Ingegneri), GIANLUIGI COSTANZO (Gruppo Banco Ambrosiano), Avv. PIERO SANDULLI (in rappresentanza del Sindaco di Roma Francesco Rutelli)
consulenti tecnici
CARLO BARONTI (Presidente Collegio Periti Italiani), Arch. ALESSIO RUSSO (Segretario Nazionale Collegio Periti Italiani e consulente tecnico in preziosi), Prof. FRANCO MARIO (Consulente tecnico grafico-trascrittore), Dott. VINCENZO AVELLA (Consulente tecnico in Chimica)
moderatore
Arch. ALESSIO RUSSO (Segretario Nazionale del Collegio Periti Italiani e consulente tecnico in preziosi)
Intervento del
Dott. Alessio Russo (Segretario Nazionale del Collegio Periti Italiani)
Nel ringraziare tutti gli intervenuti in sala, devo ringraziare il Presidente del Tribunale di Roma per averci concesso ancora una volta questa prestigiosa aula alla quale siamo già affezionati, avendoci svolto il 1° convegno nazionale, alla presenza dell'allora Ministro di Grazia e Giustizia On. Biondi. E devo ringraziare tutti i prestigiosi relatori che avete visto alternarsi da questo microfono, e che vedrete ancora dopo il mio interevento, molti dei quali ci hanno concesso più volte il loro prezioso tempo con simpatia.
Ma veniamo all'oggetto di questa riunione. Dobbiamo impostare un tracciato per comprendere insieme da dove veniamo e dove vorremmo arrivare.
Quando abbiamo costituito questa associazione nel 1991 abbiamo ritenuto che fosse tempo di trovare un punto di coesione tra tutti i professionisti che svolgono abitualmente anche l'attività di conselente tecnico nelle aule giudiziarie. Abbiamo creduto di poter cementare una categoria che invece ha sempre voluto credersi suddivisa in varie categorie professionali e merceologiche. Una categoria che ha sempre voluto vedere le differenze e mai le affinità. Un gran numero di professionisti che hanno riversato anche in questa, diciamo seconda attività come in molti ci ripetono, tutti i problemi e deficienze della nostra prima attività professionale compresa la parte economica. A nostro avviso nulla di più sbagliato sia tatticamente che strategicamente.
Siamo convinti, infatti, che poco o nulla riusciremo ad ottenere se divisi. E niente avremo se tutto ciò che intendiamo chiedere è un pur sacrosanto adeguamento delle nostre parcelle, che pur prevedendo nella legge un aggiornamento periodico, è sempre stato disatteso. Non è mai successo che i tariffari fossero adeguati alla loro naturale scadenza. Ma di questo parleremo un'altra volta. Questa sera vogliamo ricordare a tutti la nostra funzione, si di collaboratore del magistrato, ma quindi di collaboratore della giustizia in genere e quindi in quota parte di garanzia del cittadino.
Da questo punto di vista siamo una figura importante, come ci ricorda sempre l'Avv. Guido Calvi. Ma proprio perché importanti dobbiamo essere sempre più preparati, sempre più professionali. Dobbiamo sempre più prenderci le nostre responsabilità. Per questo, in fondo, siamo chiamati e per questo, in fondo, siamo pagati.
Reponsabilità e professionalità. Parole magiche e troppe volte disattese.
L'appiattimento di alcune relazioni tecniche a quelle del CTU a volte fa il paio solo con quelle che si arrampicano su specchi inesistenti. La consulenza tecnica di parte, infatti, se deve sempre contribuire al diritto alla difesa della propria parte non può arrivare a relazioni che trasformano le aule dei tribunali da dispensatrici di giustizia a teatrini comici. Queste relazioni non fanno altro che contribuire a creare l'abitudine, comunque criticabile, di non considerare per nulla o quasi, salvo eccezioni, la perizia di parte.
Ma riprendendo il discorso sulla strada fatta e sulle nostre convinzioni debbo ammettere che l'obbiettivo di affermare che l'attività peritale essendo comune a tante categorie ha comunque una sua specificità. Ha delle peculiarità non difficili, forse, da apprendere quali una attenta conoscenza di alcune parte dei codici. Una direi naturale tendenza alla gestione delle parti. Una professionalità marcata per un giusto rapporto con il magistrato. E sopra ogni cosa la voglia e la coscenza di affermare ciò in cui si crede e non quello che più ci fa comodo.
Pensavamo, quindi, di poter esistere indipendentemente dagli Ordini professionali. Collaborando con essi ad un miglioramento della categoria. Il tentativo è probabilmente fallito o forse solo prematuro. Gli Ordini, con pochissime eccezioni, hanno voluto vedere in noi nemici e concorrenti. E così non era davvero.
I colleghi, per la maggior parte hanno continuato a risponderci: raggiungete gli obiettivi e noi ci iscriveremo. Questa risposta è il segno evidente di una mancanza di spirito associativo che è ammesso un pò da tutti. E' il segno di quanto sarà difficile raggiungere gli obiettivi che ci daremo e che meritiamo.
A questo 2° convegno che vede presente rappresentanti di un Ordine professionale come quello degli ingegneri affidiamo il destino di almeno buona parte dei nostri colleghi. A tutti quelli che hanno creduto con me che si potessero cambiare le cose a beneficio del cittadino e solo come naturale conseguenza a beneficio dei consulenti tecnici.
Spero ed auspico che questa presenza sia l'inizio di una fattiva collaborazione tra le nostre organizzazioni, così come abbiamo sempre cercato di fare. E proseguendo su questa strada. Allargando questa collaborazione a tutti gli altri ordini professionali auspichiamo la nascita di una federazione, di una consulta permanente, di un qualsiasi organismo che possa, vedendo rappresentati tutti gli ordini professionali e noi, a rappresentare solo tutti i periti che non hanno un ordine professionale, con pari dignità. Organismo che dovrà essere prima un tavolo di chiarificazione e di informazione dei problemi che devono affrontare i periti di qualsiasi categoria, e poi una unica controparte del Ministero di Grazia e Giustizia.
Ma voglio arrivare alle proposte che presentiamo alla Vostra approvazione e che potrebbero essere la base, insieme a tante altre, di un confronto professionale in seno a questo organismo nascente.
Il pacchetto di proposte che di seguito presentiamo parte dall'esigenza di una più specifica professionalità del consulente tecnico giudiziario. Più volte ci hanno dimostrato che una cosa è essere, ad esempio, un buon ingegnere ed un conto è essere un buon consulente tecnico in ingegneria.
Da queste esigenze sono scaturite le proposte di nuovi corsi universitari e di licenza media superiore che hanno dovuto raccogliere esigenze diverse che ci sono, ad esempio, tra un ingegnere ed un perito esperto in preziosi.
E' evidente che i periti che hanno un ordine professionale hanno esigenze differenti rispetto a tutte le categorie merceologiche che non solo mancano di ordini professionali ma storicamente hanno percentuali di laureati, per non parlare dei diplomati, ininfluenti.
Per tutti sono state indicate soluzioni trovandone poi una, finale per tutti, l'esame di abilitazione alla professione di consulente tecnico, unico titolo che dovrà in futuro permettere l'accesso alla professione di consulente tecnico giudiziario.
Durante questo lavoro ci si è accorti che era necessario invadere anche altri campi oltre all'ordine od albo ed ai, direi, conseguenti titoli di studio per accerdervi. Era evidente uno squilibrio nel diritto alla difesa tra i consulenti tecnici di parte e quelli del pubblico ministero, era evidente il mancato ricorso al gratuito patrocinio per i non abbienti, era evidente la mancata rotazione degli incarichi, era evidente l'irrisoria retribuzione dei consulenti tecnici in alcuni casi offensiva (anche Lit. 5.000 ora !!!) e che non garantisce, di conseguenza, una sentenza giusta per la possibilità della presenza di consulenti tecnici che mai avrebbero dovuto avere la possibilità di accedere a questa professione.
Ci siamo, quindi, accorti durante l'elaborazione di questo studio che il nuovo Ordine od Albo unico nazionale poteva essere la soluzione anche per riqualificare tutto il settore commerciale, in pieno far west, non solo nell'aspetto specifico del consulente tecnico, ma anche nell'aspetto prettamente commerciale.
Leggo, quindi, le prime 3 proposte:
Proposta n° 1
Si propone la costituzione di un vero e proprio Albo Unico Nazionale Professionale, per sua stessa natura compatibile con tutti gli altri Ordini professionali.
Proposta n° 2
Si propone l'istituzione, di concerto tra il Ministero dell'Università ed il Ministero di Grazia e Giustizia, i seguenti corsi:
a) un diploma post laurea di specializzazione in Tecnica Peritale a cui potranno accedere i laureati già abilitati per l'iscrizione nei relativi ordini professionali.
b) un corso di diploma universitario triennale in Tecnica Peritale a cui potranno accedere i diplomati già abilitati per l'iscrizione nei relativi ordini professionali oppure i diplomati professionali in specialità di cui al successivo punto c.
c) un diploma professionale quinquennale, suddiviso in tante categorie quante sono quelle merceologiche o comunque non coperte da Ordine o Collegi Professionali.
Proposta n° 3
ESAME DI ABILITAZIONE ALL'ESERCIZIO DELLA PROFESSIONE DEI PERITI ESPERTI CONSULENTI IN SPECIALITA'
Il diploma di abilitazione all'esercizio della professione di "perito esperto consulente in specialità" è rilasciato dal consiglio dell'Albo competente per il territorio, previo superamento di esami da effettuarsi di fronte ad apposita commissione.
La commissione nominata per ogni sessione dal presidente del Consiglio Direttivo competente per il territorio, è composta da:
a) il presidente dell'Albo o suo delegato;
b) un magistrato della corte di appello;
c) dai periti esperti consulenti in specialità designati dall'Ordine competente per territorio, facenti parte dei relativi Gruppi Professionali;
d) un professore ordinario di tecnica peritale.
Le sessioni d'esame sono annuali o semestrali: si svolgono secondo modalità stabilite con delibera del Consiglio Direttivo competente per territorio.
Gli esami prevedono prove scritte e prove orali per ogni categoria.
Per essere ammessi all'esame è necessario possedere i seguenti requisiti:
a) essere cittadino italiano, ovvero cittadini della Comunità europea, ovvero cittadini di Stati esteri nei cui confronti vige un regime di reciprocità;
b) avere compiuto il ventunesimo anno di età;
c) essere in possesso del certificato di buona condotta morale e civile.
d) avere conseguito il diploma di laurea di specializzazione o il corso di diploma universitario in Tecnica Peritale
e) avere compiuto almeno tre anni di praticantato presso lo studio di un perito esperto consulente in specialità iscritto all'Ordine.
Ad ogni candidato risultato idoneo alle prove d'esame è rilasciato il diploma di abilitazione, unitamente ad un certificato attestante le effettive competenze professionali.
E questo secondo sarebbe la cornice di un quadro che è ancora tutto da dipingere.
La madre di tanti guai, è inutile girarci intorno, è la benedetta rotazione. Chiedere oggi, una puntuale rotazione, è onestamente improponibile. Con un ruolo oberato, su tutto il territorio nazionale, da oltre 200.000 consulenti tecnici è troppo facile immagginare che il ruolo sia inaffidabile. E' facile, quindi, per quei magistrati che non vogliono sentir parlare di rotazione, poter affermare "il consulente tecnico me lo scelgo da solo".
Qui ci si deve probabilmente armare di santa pazienza ed accettare che vadano in onda tutti quei corsi di livello universitario, di cui abbiamo parlato prima. E subito appresso chiedere che, anno dopo anno, si alzi la percentuale di nomine che passano dai reponsabili del servizio consulenti tecnici.
Percentuale che al momento è avvilente visto che il Dott. Tommaso Sciascia è costretto ad ammettere, pur con tutta la volontà con la quale ha affrontato il problema, che dal suo ufficio non passano più del 20-25 % delle nomine.
Ed il Dott. Fabrizio Gentili ammette che dal suo ufficio non ne passa nessuna.
Qui la faccenda si fa delicata perché o si elimina il ruolo, per l'accesso alla professione, per il quale lo stato richiede la solita tassa una tantum. Tassa che con l'esplosione delle iscrizioni quantificata in circa 10.000 nuovi consulenti l'anno in tutta la nazione, porta ad una entrata annua prevedibile in 3.750.000.000 circa 4 miliardi l'anno.
Se manteniamo il ruolo, invece, i regolamenti, le leggi i codici vanno rispettati. I codici prevedona la rotazione. La rotazione si deve fare.
...Si dice. Ma i codici prevedono anche la possibilità da parte del magistrato che per giustificati motivi e dandone motivizazione, lo stesso può in definitiva nominare chi vuole. E quì sorge più di una perplessità. Nessuno vuole togliere un preciso diritto ed indipendenza al magistrato.
Ma dopo l'istituzione dei corsi sopramenzionati, dopo una revisione degli attuali ruoli e considerando che molti magistrati son daccordo nel dire che l'80 % delle cause o dei processi sono routine, beh non si potrà chiedere da subito una rotazione in quella percentuale ma arrivare con gradualità ad una percentuale che si avvicini a quel numero si. E dico anche che potrebbe essere delicato farlo per legge, con modifiche ai codici. Forse sarebbe più facile e più accettabile, sull'esempio dell'autoregolamntazione sulla disciplina degli scipoeri, in alcune catege di lavoratori... Forse sarebbe decisamente meglio che le stesse associazioni di magistrati si diano una autoregolamentazione al riguardo.
Per quanto abbiamo approfondito il problema altre soluzioni non ne abbiamo trovate salvo rivedere di nuovo il codice penale ed andare di nuovo là dove forse si voleva arrivare con la proposta Pisapia, di un rito accusatorio puro. Dove pubblica accusa e difesa si presentano con i loro consulenti tecnici davanti ad un giudice terzo che decide.
Non vogliamo esprimere un auspicio sul rito accusatorio che non ci compete e nel quale non desideriamo proprio entrare. Vogliamo solo constatare che dal nostro punto di vista quel tipo di processo si presta a restringere la facoltà di nomina per i pubblici ministeri, che diventando una parte come la difesa, dovrebbe essere obbligato a servirsi di periti nel ruolo, lasciando solo al magistrato giudicante la possibilità di farsi assistere dal consulente che crede.
Una proposta che chiediamo a gran voce, fin dal 1° convegno, è il sistema di pagamento al civile. Proprio non ci va di essere pagati dalla parte attrice. Troppi pericoli di pressioni e troppi guai per riscuotere le nostre parcelle. E per cortesia non ci dite che con l'atto di liquidazione del magistrato abbiamo un titolo esecutivo in mano... Per cortesia non ce lo dite.
Per quanto attiene al diritto alla difesa del cittadino continuiamo a chiedere l'utilizzo del patrocinio gratuito anche per il consulente tecnico. Patrocinio previsto dai codici ma completamente disatteso. Questo diritto-servizio va organizzato decentemente, sull'esempio dei legali d'ufficio. Questo servizio va decisamente ampliato anche nell'ottica della pratica che dovrebbe fare i nuovi consulenti tecnici. Il famoso praticantato che potrebbe avere proprio in questi incarichi la sua naturale evoluzione con un attento tutoraggio, che nella nostra ssociazione già pratichiamo. Ed ancora naturale evoluzione dovrebbe essere la graduazione degli incarichi per evitare che al pur bravo giovane collega, ma inesperto, capiti la perizia dell'anno. La nostra proposta è quindi di suddividere la difficoltà delle perizie in tre fasce da graduarsi in funzione degli anni di iscrizione al ruolo e degli incarichi, quando però la rotazione funzionerà, sia chiaro.
Una proposta simpatica, che a noi è piaciuta molto, sempre a proposito del diritto alla difesa del cittadino è l'istituzione di quello che noi abbiamo soprannominato "il consulente a futura garanzia" per il quale però non vi dico altro per un simpatico motivo. L'avvocato Staiano oggi presente, proveniente dalla Calabria, ci aveva già pensato e quindi per questo e per altri motivi lascio l'esposizione a lui, che è ovviamente molto più competente del sottoscritto.
Intervento della Dott.ssa Franca Amadori
(Franca Amadori, magistrato di tribunale addetto da circa tre anni all'ufficio VII della Direzione generale degli affari civili e delle libere professioni del Ministero di Grazia e Giustizia per il controllo e la vigilanza su tutte le professioni, con esc1usione di quelle sanitarie)
Sono pienamente consapevole dell'importanza dell'odierna manifestazione, che peraltro testimonia, ancora una volta, come sia importante il ruolo svolto dalle iniziative delle associazioni, per stimolare la soluzione di problemi dì respiro nazionale e, nel caso delle libere professioni, europeo e transnazionale.
Ora, il tema di questo convegno riguarda più specificamente il settore relativo alla problematica concernente la figura del consulente tecnico e del perito. E, per quanto attiene al mio intervento, io dovrei fare il punto sulla situazione della professione di consulente tecnico. Bene, direi che la prima osservazione da fare è che esistono già, al vaglio del parlamento, alcune proposte di legge intese alla creazione di un ordinamento della professione di perito consulente in specialità, come ad esempio la proposta n. 525 d'iniziativa del senatore De Curato più altri, ma allo stato sembrerebbe trattarsi più che altro d'ipotesi normative, utili, tuttavia, per una riflessione più approfondita sul punto.
È chiaro che una tale professione, ove fosse effettivamente istituita, non potrebbe essere limitata al solo settore giudiziario, in quanto la consulenza di per se può rispondere ad una molteplicità estremamente differenziata d'esigenze, in altre parole di richieste da parte del mercato. Penso, tanto per fare un esempio, al campo assicurativo. Ne consegue, per proseguire nell'ipotesi in discorso, che nell'eventualità, l'Albo Professionale dei periti esperti in specialità dovrebbe contenere due sezioni o comunque due parti distinte, una per i periti esperti nel settore giudiziario e l'altra per quelli del settore stragiudiziario, e quindi, conseguentemente, con due diversi esami d'abilitazione.
Gli esami d'abilitazione, a loro volta, dovrebbero avere lo scopo di verificare se l'aspirante ha acquisito quella particolare conoscenza che consente di venire ad utilizzare le peculiari cognizioni relative alla tecnica peritale, ovvero a quell'insieme di regole che presiedono alla corretta impostazione e redazione della consulenza o perizia. Come ho già detto, tuttavia, oggi queste sono solo dichiarazioni d'intento, non ancora recepite nell'ordinamento giuridico vigente, sicché allo stato la situazione concreta è tale per cui l'iscrizione all'Ordine Professionale da un lato, ovvero l'iscrizione al ruolo dei periti ed esperti della camera di commercio, dall'altro, è requisito necessario e sufficiente per chiedere ed ottenere l'iscrizione all'albo del tribunale. Come se la competenza acquisita nell'ambito del proprio campo professionale garantisca di per se la padronanza di quella tecnica peritale di cui ho parlato poco fa.
Indubbiamente, l'esperienza concreta ci dimostra come quest'assunto sia falso nella maggior parte dei casi: anche il migliore degli ingegneri, ad esempio, ove non sia esperto di tecnica peritale, potrebbe essere un cattivo perito, risultando, in ultima analisi, inefficace se non addirittura dannoso per il soddisfacimento delle esigenze della giustizia. Sotto questo profilo parrebbe auspicabile adottare, sin d'ora, alcune modifiche che non sembrano necessitare di un'apposita previsione normativa.
Per esempio, l'art. 13 delle norme d'attuazione del codice di rito civile, così come l'art 67 di quelle del codice di rito penale, dispongono che alcune categorie devono essere indefettibilmente previste nell'albo e tra queste vi è, ad esempio nell'art. 67, l'ingegneria e relative specialità. In questo caso, sembrerebbe possibile creare da subito (ed in alcune sedi giudiziarie è stato già fatto) all'interno di questa categoria, troppo generica, delle sub categorie per le quali, di volta in volta, il comitato potrebbe chiedere un'apposita documentazione idonea a comprovare il possesso della specializzazione nel settore.
Per continuare nell'esempio dell'ingegneria, sì potrebbero creare delle sub categorie d'ingegneria edile, meccanica, elettronica, idraulica, e via discorrendo, tali per cui il candidato non debba limitarsi a produrre il certificato d'iscrizione all'ordine degli ingegneri, ma anche altri titoli che dimostrino la sua effettiva competenza nel settore richiesto. Nulla vieterebbe, peraltro, che uno stesso professionista possa essere iscritto sotto più di una sub categoria, purché però dimostri di possedere effettivamente più di una competenza specifica. In altre parole, mi sembra che sia possibile sin d'ora, anche nell'attesa di una riforma della normativa vigente, settorializzare in modo sempre più penetrante e specifico le categorie, un po' troppo generiche, attualmente previste.
Ciò posto, per tornare all'ipotesi dell'istituzione dell'ordinamento della professione di perito consulente in specialità, posso dire che quest'ipotesi di riforma normativa potrebbe trovare un adeguato luogo di riflessione anche all'interno dell'iniziativa avviata dall'Amministrazione che rappresento, per il varo di una legge -quadro su tutte le libere professioni, ma di questo vorrei parlare per esteso tra qualche istante. Al momento, vorrei sottolineare come questa problematica sia strettamente connessa, tra l'altro, ai problemi relativi alla formazione ed alla garanzia di professionalità che, in senso lato, abbraccia tutti i campi libero professionali.
Direi che i campi interessati sono sostanzialmente tre: il primo, è quello delle libere professioni organizzate in ordini e collegi, ai sensi dell'art. 2229 cod. civile a dire le cosiddette professioni "protette"; il secondo, è quello delle professioni cosiddette "emergenti", individuate a seguito di un laborioso censimento effettuato dal C.N.E.L. e che ha portato alla creazione della "Consulta delle professioni non regolamentate"; il terzo è il campo dei ruoli dei periti e degli esperti delle Camere di Commercio, in ordine ai quali si è costituito, già dallo scorso anno, credo di poterlo dire senza problemi, un gruppo interministeriale di studio, cui partecipo anch'io in rappresentanza del Ministero di Grazia e Giustizia, unitamente ai rappresentanti del Ministero dell'Industria, per la riforma dell'ordinamento dei ruoli camerali, in quanto ormai inadeguati rispetto alle mutate esigenze della società attuale.
Libere professioni tradizionali
In ordine al primo tema, concernente le libere professioni di carattere, per così dire, tradizionale, il Ministero di Grazia e Giustizia, come molti tra i presenti certamente già sanno, e come accennavo poco fa, si è posto un obiettivo ambizioso e finora mai realizzato: quello del varo di una legge quadro su tutte le libere professioni che consenta di creare finalmente un assetto normativo omogeneo ed al contempo moderno che vada a sostituire la vetusta e disorganica legislazione ordinamentale attuale.
Il punto di partenza di quest'iniziativa va individuato, per la verità, nella basilare considerazione che le differenze oggi riscontrabili tra ciascun ordinamento professionale comportano una frammentazione normativa in materia, difficilmente compatibile con il dettato dell'art. 3 della Costituzione, per il quale la legge dev'essere uguale per tutti. Il Ministero per primo, quindi, ha sentito la necessità di attivarsi al fine di garantire una disciplina finalmente unitaria per tutte le libere professioni, consapevole del fatto che le differenze in atto riscontrabili tra i diversi ordinamenti professionali sono state determinate: da un canto, dalle diverse epoche d'istituzione dei vari ordini e dall'altro dalla diversa impronta politica che ogni ordinamento ha ricevuto.
Pensiamo, per fare solo uno dei mille esempi che potrei citare, alla nostra vigilanza. La vigilanza del Ministro di Grazia e Giustizia, proprio a norma di legge, in realtà non si può espletare, e di fatto non si espleta in modo ugualmente incisivo per tutti gli ordinamenti. Infatti alcuni, come quello dei giornalisti, o quello dei dottori agronomi e forestali (per citarne soltanto alcuni) disciplinano minuziosamente le ipotesi di commissariamento degli organi collegiali, ossia le ipotesi in cui l'amministrazione è chiamata ad applicare la sanzione massima dello scioglimento dell'organo professionale.
Sanzione cui non si vorrebbe mai far ricorso, ma che purtroppo ultimamente sembra essere richiesta con più frequenza che in passato, anche e soprattutto ad istanza degli stessi iscritti. Segno, anche questo, del mutamento dei tempi.
Una volta i conflitti interni venivano risolti e si dissolvevano all'interno del consiglio o comunque nell'assemblea degli iscritti; oggi invece conducono sempre più spesso ad esposti o denunce anche anonime, come se la conflittualità interna agli ordini fosse un segnale di malessere più diffuso ed in certo senso latente, serpeggiante nell'intera struttura sociale del nostro paese.
A fronte d'ordinamenti che, dicevo, sanzionano in modo minuzioso le ipotesi di scioglimento del consiglio, ve ne siano altri, come quello degli psicologi, o quello dei consulenti del lavoro, che si limitano ad attribuire sic et simpliciter l'alta vigilanza al Ministero di Grazia e Giustizia senza null'altro specificare, ed addirittura limitandola al solo Consiglio dell'Ordine Nazionale. Proprio per le difficoltà che ho appena illustrato, il Ministero di Grazia e Giustizia ha deciso di creare un'apposita commissione di studio, che ha il preciso scopo di individuare, e sperabilmente, risolvere tutti i problemi relativi al coordinamento ed al riordino degli assetti normativi delle libere professioni.
A questo punto, emerge all'evidenza un dato su cui difficilmente si può dissentire: il lavoro che questa commissione sta svolgendo è l'occasione migliore per affrontare sia l'ipotesi dell'istituzione dell'ordinamento della professione di perito consulente in specialità, sia un'altra tematica altrettanto importante. Mi riferisco allo studio ed all'individuazione d'eventuali figure giuridiche alternative a quella dell'Albo Professionale, che siano più elastiche, più rispondenti alle necessità delle professioni cosiddette "emergenti" o "non regolamentate".
D'altronde è noto come la richiesta di regolamentazione sia in aumento esponenziale anche in relazione a svariate attività non protette e di natura assai differenziata. Sotto questo profilo emerge nuovamente all'evidenza come sia importante l'intervento del Ministero per frenare, da un lato, una spinta ad un'eccessiva frammentazione delle attività professionali, o sedicenti tali, che, se assecondata, porterebbe effettivamente alle conseguenze lamentate da sempre in campo professionale con riferimento ad una tendenza, o se si preferisce ad una tentazione, purtroppo sempre presente, anche se talora in modo subdolo e latente, di trasformare l'ordine professionale in una sterile roccaforte chiusa nell'ottusa difesa d'interessi meramente personalistici e settoriali, inseriti in una logica legata ad un vecchio assetto corporativo.
Vi è indubbiamente, allo stato, una forte richiesta di regolamentazione da parte di una miriade di categorie che svolgono attività nuove o comunque non ricomprese tra le professioni intellettuali di tipo tradizionale. Questo è dimostrato, per esempio, dal numero ragguardevole di proposte di legge intese alla creazione di questo o quel nuovo albo professionale. Proposte che aumentano ad ogni nuova legislatura.
D'altro canto, non esiste in Italia una figura alternativa a quella dell'Ordine o Collegio Professionale, com'esiste invece in alcuni paesi della Comunità europea. Penso in particolar modo ai chartered bodies' [Significa, letteralmente "enti certificati", ossia enti riconosciuti e si pronuncia: "ciartrid bodis"] britannici, che per talune attività bene individuate consentono l'iscrizione ad un'associazione, anziché all'albo professionale (ad esempio, in tutto il Regno Unito vi sono solo quattro di tali associazioni per l'esercizio dell'attività di ragioniere).
Tengo però a precisare che anche in Gran Bretagna diverse professioni sono regolamentate attraverso figure giuridiche equivalenti ai nostri Albi Professionali, sicché l'associazione riconosciuta è, anche in quella nazione, una figura intermedia, o, se si preferisce, alternativa rispetto a quella tradizionale dell'ordine o collegio professionale.
Ora, come tutti voi già sapete, il problema della carenza nel nostro ordinamento di una figura analoga a quella dei chartered bodies britannici, è emerso all'evidenza da quando è stata emanata la direttiva CEE n. 48 del 21 dicembre 1988, notificata a tutti gli stati membri il 4 gennaio 1989, in cui, nell'ambito della creazione di un sistema generale di riconoscimento dei titoli professionali in ambito comunitario, all'art. 1, lettera d), seconda parte, si assimila espressamente all'attività professionale regolamentata (vale a dire, alla libera professione regolata dagli ordini o collegi professionali), l'attività professionale esercitata dai membri di un'associazione od organizzazione che -cito testualmente- oltre ad avere segnatamente lo scopo di promuovere e mantenere un livello elevato nel settore professionale in questione, sia oggetto, per la realizzazione di tale obiettivo, di riconoscimento specifico da parte di uno stato membro" [Per completezza, va detto che la direttiva n. 89/48 aggiunge alle caratteristiche riportate tra virgolette anche le seguenti altre che "l'associazione rilasci un "diploma" (ma per diploma va inteso un mero certificato d'iscrizione, che esiga da parte degli associati il rispetto di regole di condotta professionale da essa prescritte, che conferisca agli associati il diritto all'uso di un titolo "es. ragioniere, geometra ecc.).
Ad esempio, l'ordinamento della professione di perito consulente in specialità, potrebbe essere strutturato non più come un Ordine Professionale tradizionale, ma come una delle figure intermedie ancora da creare. E qui entriamo nel secondo campo, vale a dire quello delle professioni cosiddette emergenti.
Professioni emergenti
Il CNEL ha portato il problema all'evidenza e ne ha, a poco a poco, delineato i contorni precisi, individuando il nucleo essenziale della questione, anche e soprattutto attraverso dettagliate rilevazioni su un ragguardevole numero d'associazioni aventi ad oggetto le più svariate attività: dai pranoterapeuti, ai tributaristi, dagli astrologi agli amministratori di condominio e così via.
So che il CNEL aveva già da tempo cominciato una sorta di censimento tra tutte le associazioni (oltre 150) che, per una ragione o per l'altra, avevano deciso di rivolgersi alle sue strutture. Censimento proseguito con l'invio di un questionario ad ognuna d'esse, anche quella più remota, inteso a conoscere la struttura associativa, nonché il preciso oggetto sociale.
All'invio del questionario ha fatto seguito una serie serrata d'incontri che, per quanto ne so, sono stati definiti "udienze conoscitive", allo scopo di avere ulteriori chiarimenti da ciascuna associazione, sino a che, da ultimo, con determinazione del presidente del CNEL, si è giunti alla creazione di un collegio interno al CNEL, che è stato denominato, appunto, "Consulta delle professioni non regolamentate".
Della Consulta sono entrate a far parte solo quelle associazioni che, a seguito delle serrate rilevazioni così effettuate, sono state giudicate maggiormente rappresentative, sia sotto il profilo della diffusione sul territorio nazionale, sia sotto il profilo della serietà dell'accesso.
Indubbiamente tale operazione ha richiesto notevole impiego di mezzi e d'energie, tanto più che il CNEL si è dato parametri molto rigidi, uno dei quali è stato quello di escludere dalla Consulta quelle associazioni che, nonostante la loro rappresentatività, avevano un oggetto sociale interferente con quello d'ordini e collegi professionali istituiti ai sensi dell'art. 2229 cod. civile. Ad esempio, ne è stata esclusa la Lapet, la nota associazione dei tributaristi che, anche se è senz'altro dotata del requisito della rappresentatività, è stata ritenuta interferente con l'attività delle categorie professionali "protette" dei ragionieri e periti commerciali da un lato e dei dottori commercialisti, dall'altro.
Altro parametro applicato è stato quello di escludere le associazioni il cui oggetto sociale, per una ragione o per l'altra, non appariva compatibile con l'aspirazione ad una qualche forma di riconoscimento giuridico-professionale. Mi riferisco a quelle associazioni formate dagli operatori dell'occulto o della medicina cosiddetta alternativa. Mi riferisco ancora alle associazioni dei gestori d'apparecchi automatici di divertimento, a quelle degli animatori turistici e via discorrendo. Mi riferisco infine a tutte quelle associazioni che in realtà non sono associazioni tra singoli professionisti, bensì associazioni tra imprese, che addirittura aderiscono ai più grandi raggruppamenti rappresentativi del settore (CONFESERCENTI, Federazione del Terziario avanzato e così via).
Dopo la rigida applicazione da parte del CNEL dì tutti i parametri appena accennati, le associazioni che alla fine hanno ottenuto ingresso nella Consulta superano di poco la cinquantina. Tra queste, ve ne sono diverse che sono nate, in via spontanea, unicamente perché l'inadeguatezza della normativa ordinistica attuale ha impedito a molti soggetti, specializzati in settori del sapere particolari, nuovi o semplicemente contigui, rispetto a quelli consacrati negli ordinamenti professionali vigenti, di trovare un riconoscimento negli albi attuali.
Sto pensando, ad esempio, agli urbanisti, che ben potrebbero essere inseriti nell'albo degli architetti; se del caso, in una sezione speciale. Sto pensando ancora ai giornalisti degli uffici stampa, oppure, in campo sanitario, ai tecnici della riabilitazione e così via.
Tutto questo significa, in poche parole, che una certa quota delle associazioni non regolamentate, attualmente inserite nella Consulta, potrebbe essere ricompresa, anzi lo sarà senz'altro, nell'alveo naturale delle grandi professioni storiche, una volta che la commissione per la legge-quadro sulle libere professioni avrà posto mano al riordino completo di tutte le competenze professionali di ognuna di esse.
Per quelle che restano, (come si vede, in realtà, alla fine davvero poche) si potrà studiare, sempre in sede di commissione per la legge-quadro, un'eventuale normativa alternativa, magari simile a quella britannica, che, pur non portando alla creazione di nuovi Albi Professionali, consenta il riconoscimento giuridico delle attività lavorative che vengano ritenute all'altezza. Vale a dire di quelle attività per le quali si possa ravvisare un interesse pubblico significativo, tra le quali potrebbe essere inserita anche quella del perito consulente in specialità, nonché la presenza di quell'insieme di requisiti necessari a dare ad un'attività lavorativa dignità di professione.
Periti ed esperti iscritti nelle Camere di Commercio
Infine, ed entro così a parlare del terzo ed ultimo campo d'interesse da me accennato in premessa, anche per quelle attività che non dovessero presentare i requisiti della libera professione, resta aperta ancora un'altra via. E' in corso infatti, l'ho già detto, uno studio interministeriale approfondito (presso il Ministero dell'industria, al quale partecipa anche chi vi parla) per la riforma, la ridefinizione ed il rilancio della funzione del ruolo dei periti ed esperti delle Camere di commercio. Ruolo che ha svolto una funzione più o meno selettiva, a seconda della singola Camera di commercio, all'interno di tutte le attività lavorative "non protette" e che oggi viene gestito in modo estremamente differenziato a seconda della Camera di commercio interessata: talune sono particolarmente severe, mentre altre operano ai limiti del lassismo.
L'argomento mi sembra d'estremo interesse in questa sede, perché per prassi, quando il consulente o perito offre un tipo di competenza tecnica che non è riservata agli iscritti agli ordini o collegi professionali, l'iscrizione al ruolo dei periti ed esperti della Camera di commercio d'appartenenza costituisce una sorta di garanzia di professionalità, se così mi posso esprimere, con tutte le riserve che ho appena espresso, anche perché il D.M. 29 dicembre 1979, recante il nuovo regolamento-tipo per la formazione del ruolo camerale, subordina l'iscrizione all'approvazione di un'apposita commissione, nominata dalla giunta della camera di commercio, commissione che a proprio insindacabile giudizio, ove ritenga che i titoli ed i documenti esibiti siano insufficienti a comprovare l'idoneità dell'aspirante all'esercizio peritale nelle categorie o sub categorie richieste, lo sottopone ad un colloquio che certe Camere di commercio è di fatto un esame talora di notevole difficoltà, come per esempio presso la Camera di commercio di Milano, talaltra fin troppo facile.
Ciò posto, osservo che vi sono diverse attività che sono riuscite a transitare dall'area indistinta e grigia del ruolo camerate dei periti e degli esperti delle Camere dì commercio all'area più dignitosa delle libere professioni o comunque delle attività che possono essere svolte solo dopo aver ottenuto l'iscrizione ad un registro, ad un albo o ad un elenco. Penso ad esempio ai mediatori, ai consulenti del lavoro, ai consulenti in proprietà industriale ed ora anche ai traduttori e interpreti, per i quali è in discussione alla Camera dei Deputati una proposta di legge intesa alla creazione dell'apposito albo professionale.
Lo studio interministeriale che ho detto, è inteso all'elaborazione di un progetto di riforma della normativa concernente il ruolo dei periti e degli esperti, tale per cui l'iscrizione al ruolo, pur continuando a non avere carattere costitutivo [Non avendo carattere costitutivo, è chiaro che non costituisce reato l'esercizio dell'attività in difetto d'iscrizione al ruolo. Per essere ancora più chiara, farò un esempio: se un tale fa il perito calligrafo senza essere iscritto al ruolo dei periti e degli esperti, non commette alcun reato. Se un tale fa il chirurgo, senza essere iscritto all'albo dei medici, commette il reato d'esercizio abusivo di libera professione], e quindi non sarà sorretta da una tutela penale, diventerà sempre di più un elemento di selezione positivo all'interno del mercato. Chiarito questo, posso dire che i problemi che il gruppo sta incontrando nello studio della riforma ci fanno capire bene come sia importante avere ben chiaro in mente il quadro complessivo di tutti i settori d'attività, nella graduazione che ho fin qui indicato: da quelli più creativi e legati al talento individuale, come quelli delle libere professioni intellettuali, a quelli più pratici, legati all'attuale ruolo dei periti e degli esperti delle Camere di commercio.
Si è proposto di abolire l'attuale locuzione normativa secondo la quale tali attività dovrebbero avere carattere "prevalentemente pratico", perché altrimenti dovrebbero essere escluse molte delle attività che invece dovrebbero esservi ricomprese, comune ad esempio, quella degli amministratori di condominio, oltre a diverse attività sanitarie non mediche o paramediche.
Ancora: vi è il problema relativo a talune sub categorie, per le quali occorrerebbe richiedere un diverso esame a seconda della diversa specialità: è il caso dei traduttori ed interpreti, che pur costituendo una sub categoria della categoria "varie", dovrebbero sostenere un esame a parte per ogni diversa lingua richiesta. Resta infine in piedi l'eterna questione dei tributaristi. Sicché, come si vede, il campo d'azione è vasto ed offre numerosi spunti di riflessione.
In ogni caso, l'iscrizione sarà subordinata al superamento d'alcune prove, o, in alterativa, all'attestazione di un'effettiva esperienza concreta nel settore richiesto per un lungo periodo, sicché anche sotto questo profilo, si avrà un ulteriore strumento normativo per consentire agli operatori d'attività alle quali non viene riconosciuto il possesso di tutti i requisiti necessari per assurgere a dignità di libera professione, di trovare un'area giuridicamente disciplinata, in loro favore. Nulla esclude poi che la commissione per la legge-quadro sulle libere professioni elabori nuovi ed ulteriori strumenti normativi di sostegno.
A questo punto, avrei voluto, per concludere, accennare brevemente al problema del perito o consulente tecnico pubblico dipendente, problema molto serio soprattutto in campo penale, ma mi sembra di avere ormai utilizzato tutti i 15 minuti a mia disposizione.
Nel concludere, vorrei sottolineare che è molto importante che il consulente od il perito in campo giudiziario sia giuridicamente preparato al compito che gli viene affidato perché ciò potrebbe ridurre i tempi della giustizia, evitando errori e quindi anche quei possibili ritardi per i quali l'Italia potrebbe essere condannata in sede europea.
In questo, il Ministero di grazia e giustizia, in rappresentanza dell'interesse dello Stato e dell'utenza, dev'essere considerato in ogni caso, per tutti gli ordini professionali e per tutte le istituzioni, un interlocutore attento, consapevole dei problemi di categoria ed al contempo necessario mediatore nel rapporto tra professionisti e collettività.
Con l'auspicio quindi di una collaborazione sempre più stretta con tutti gli operatori di giustizia, auguro a tutti voi il più cordiale buon lavoro.
Riportiamo come resoconto del 2° Convegno nazionale
l'articolo scritto da Luca Soldati sulla rivista TAC ARMI
Lo scorso 25 ottobre a Roma si è tenuto il
Secondo Convegno Nazionale del consulente tecnico e del perito
organizzato dal Collegio Periti Italiani
di LUCA SOLDATI
La prestigiosa Aula Occorsio del Tribunale penale di Roma ha ospitato il secondo appuntamento nazionale per i periti e i consulenti tecnici giudiziari.
La giornata di studio, particolarmente densa di interventi prestigiosi e salutata da un pubblico numeroso e attento, è stata organizzata dal Collegio Periti Italiani che proponeva un dibattito sul tema "Il consulente tecnico ed il perito: dall'attualità al prossimo futuro italiano. E le prospettive europee?".
Interrogativo che è stato forse un po' trascurato, quello delle prospettive europee, perché travolto dalla mole delle riflessioni sulla figura e sui compiti e le attribuzioni del consulente giudiziario, ancora ben lungi dall'aver assunto una precisa configurazione.
E' infatti emersa ben chiara, ancora una volta, la necessità di ordinare una materia di grandissima importanza nell'ambito del processo penale e civile. Tutti gli oratori hanno quindi sottolineato la priorità della costituzione, in forma da studiare e valutare attentamente, di albi o ruoli che effettivamente forniscano al magistrato ausiliari degni dell'importantissimo compito che il codice attribuisce loro.
Il professor prof. Guido Calvi, senatore avvocato ha infatti evidenziato come esistano corsi di formazione e di aggiornamento per i magistrati, ma non per i periti. Eppure, molto spesso, la perizia non è il supporto alla decisione del magistrato, ma è la decisione stessa: bisogna, per ogni garanzia di tutela, che il perito sia un vero professionista. Nell'interesse del processo, e dei cittadini, il Parlamento, ha auspicato il senatore, deve finalmente intervenire sulla questione: è necessario formare il perito con ogni mezzo, sia esso la formazione universitaria, o corsi di specializzazione, o la selezione operata da un ordine professionale, perché anche il perito, che tanta parte ha nel processo civile e penale, abbia concorsi, esami e corsi per il vaglio della sua preparazione, come è per avvocati e magistrati. È quindi prioritario disporre, anche per le necessità della difesa, di albi seri, rigorosi, perché dove c'è serietà c'è giustizia.
Questa è anche l'opinione dell'avvocato penalista prof. Carlo Taormina: dove entra la tecnica c'è certezza del diritto.
LE ESIGENZE GIUDIZIARIE
Ma l'esigenza giudiziaria è differente e particolare: non necessariamente un buon ingegnere può essere anche un buon consulente tecnico, perché questa seconda figura è assai più complessa e delicata. Cruciale è il problema del consulente tecnico del Pubblico Ministero, che deve essere un vero professionista alieno da accondiscendenza e da rapporti viziati, cioè non deve accompagnare con la propria relazione la tesi accusatoria di chi lo incarica: e su questo punto un ordine professionale, comunque sarà strutturato, dovrà esercitare una forte e vera sorveglianza.
L'avvocato Taormina ha poi stigmatizzato che oggi ancora il Pubblico Ministero svolge la consulenza tecnica nel chiuso della sua stanza, senza alcun controllo né possibilità di intervento da parte della difesa: questo è il vero problema da risolvere con fermezza, anche perché, nonostante la rivoluzione del nuovo codice di procedura penale, oggi ancora se la consulenza del Pubblico Ministero vale cento, quella prodotta dalla difesa vale meno dieci.
Una soluzione può essere prospettata con l'obbligo per tutti. Anche per gli avvocati, di attingere allo stesso albo o elenco, che sia riconosciuto da tutte le parti in causa. Solo così ci sarà equità: il Tribunale dovrà riconoscere validità anche alle consulenze di parte.
In effetti, l'imputato è in balia dell'abilità del Pubblico Ministero. Contrapposta a quella dell'avvocato difensore, perché il giudice è una sorta di "notaio" del dibattimento, e le prove vengono portate dalle parti: ma, come sottolinea anche il dottor Antonio Cappiello, magistrato penale, nell'intera fase delle indagini preliminari il Pubblico Ministero lavora di fatto da solo, nel chiuso del proprio ufficio, senza che per l'indagato si realizzi una effettiva tutela (eccetto il caso degli accertamenti irripetibili ex art. 360 c.p.p.). Pertanto, se la difesa non ha la possibilità di contestare efficacemente la consulenza tecnica prodotta dal Pubblico Ministero, questa rimane nella sua piena e magari erronea validità per ogni fase successiva del processo.
Anche se qualcuno, come il dottor Fabio Massimo Gallo, magistrato civile, evidenzia che comunque. anche dopo la formazione di un ordine professionale dei periti giudiziari, dovrà essere salvaguardato l'aspetto fiduciario della relazione tra il giudice e il proprio consulente, dal convegno è emersa prepotente la necessità di dare dignità professionale alla figura del perito giudiziario, con la creazione di quell'ordine professionale, albo di categoria o ruolo che il Collegio Periti Italiani da anni auspica e promuove.
Il problema delle qualifiche
Anche il Ministero di Grazia e Giustizia, attraverso il magistrato dottoressa Franca Amadori che è intervenuta al convegno quale dirigente l'Ufficio degli Affari Civili e delle Libere Professioni, è interessato a sollecitare maggiore attenzione alle qualifiche, soddisfacendo pure la forte richiesta di regolamentazione per campi di attività attualmente non regolamentati. Lì perito, anche agli occhi del Ministero, è quella figura importante che, tra l'altro, può accelerare i tempi della Giustizia, concorrendo alla veloce risoluzione dei procedimenti giudiziari.
Bisogna però sfuggire dalla concezione di un ordine professionale di tipo tradizionale, che sia una roccaforte di cieca tutela di una corporazione; può quindi essere utile rivolgere lo sguardo all'estero, dove esistono forme associative che si pongono in via intermedia tra gli ordini professionali e gli elenchi peritali. In questo momento, oltretutto, in ambito comunitario c'è particolare attenzione agli ordini e alle associazioni, anche in vista delle necessità di riconoscimento reciproco, e di riflesso molti organismi hanno avviato censimenti e indagini che escluderebbero le associazioni già tutelate da ordini professionali e quelle che esplicano attività che non possono aspirare a dignità professionale.
Si avvia pertanto una riforma che porterà a una legge quadro. Il Collegio Periti Italiani potrebbe quindi essere inquadrato a un livello superiore a quello attuale dei ruoli delle Camere di Commercio (che oltretutto hanno criteri di accesso diversi, non uniformi né omogenei), ma inferiore e diverso dall'ordine professionale vero e proprio.
L'intervento è piaciuto oltremodo alla dirigenza del Collegio Periti Italiani, che avvierà stretti rapporti di collaborazione con il Ministero, anche per superare alcuni limiti già individuabili: il maggiore è rappresentato dal fatto che la proposta, così formulata, esamina soltanto la figura del perito d'ufficio, e non quella, altrettanto importante perché paritetica, del consulente di parte.
Altri nodi da risolvere sono quelli relativi alla distribuzione e alla rotazione degli incarichi; principi che mal si conciliano con la necessità, già sottolineata dal dottor Gallo, che il giudice possa scegliere con libertà il consulente che preferisce all'interno di una rosa di nominativi che lo stesso ha selezionato dopo averli messi alla prova. Al fine di salvaguardare quel rapporto di fiducia che fa sì che il magistrato, benché "peritus peritorum" per determinazione dei codici, si affidi con sicurezza e fiducia al proprio ausiliario. Argomenti, questi, già ampiamente dibattuti in seno al Collegio Periti Italiani che ha prodotto una bozza di revisione dei codici in materia civile e penale relativamente ai soli articoli riguardanti i consulenti tecnici, all'interno dell'ipotesi di proposta di legge per Ordine o Albo, e nuovi corsi di studi. Ma questa è un'altra storia, di cui parleremo prossimamente.
La dimensione europea
In tema con l'interrogativo posto dal tema del convegno l'intervento dell'avvocato Alberto Colabianchi, delegato della Commissione Europea, che ha sottolineato come non esista una regolamentazione a livello europeo della figura del consulente giudiziario. Questi professionisti, però, possono circolare liberamente in Europa e ricevere incarichi anche all'estero; la libertà di prestazione di servizi (occasionale) e la libertà di stabilimento (permanente) vale infatti per tutti gli Stati membri.
In Italia non esiste una norma che impedisca a un consulente straniero di ricevere un incarico nel nostro Paese. Però, per l'esercizio di funzioni pubbliche, gli Stati membri possono riservare gli incarichi ai propri cittadini, ma l'Italia non si è mai avvalsa di questa deroga. Per questa ragione, una nuova normativa in formazione - suggerisce Colabianchi - dovrebbe considerare questo aspetto.
Aspetto che preoccupa pure la dottoressa Margherita Gerunda, magistrato penale, che teme una invasione di periti e consulenti dall'estero se il Parlamento non si farà carico, al più presto, dello studio dell'istituzione di un esame di abilitazione professionale al termine di un qualsivoglia corso di formazione. Il consulente, ribadisce, non può essere solo un esperto, ma deve essere un professionista qualificato. Ma ci piace ricordare l'intervento della dottoressa Gerunda anche per la determinazione con cui, in un dibattito scaturito successivamente, ha difeso il convincimento che non sia opportuno che il giudice si serva, per l'espletamento di perizie tecniche, dei laboratori di indagine scientifica delle forze di Polizia, e ciò a tutela e garanzia dell'imputato; argomento da noi già affrontato in passato (nei fascicoli di giugno e luglio 1997) e che aveva suscitato consensi e critiche. Ci fa quindi piacere essere confortati anche da un valente magistrato.
Il consulente a futura garanzia
Certo l'apporto più interessante è stato offerto da un giovane penalista, l'avvocato Salvatore Staiano, che ha convinto l'attentissima platea dell'importanza di introdurre l'inedita figura del consulente di parte "a futura garanzia", ovvero a difesa dell'ignoto. Il concetto è legato alla questione del consulente tecnico d'ufficio, personaggio ancora non conosciuto nelle aule dei nostri tribunali, benché previsto dall'articolo 225 c.p.p.; della difesa tecnica d'ufficio abbiamo già parlato (sempre nei fascicoli di giugno e soprattutto luglio dello scorso anno) e non ci ripeteremo.
Il procedimento penale non inizia con l'iscrizione nominativa dell'indagato, ma con la "notitia criminis", quindi in ogni caso, anche quando il procedimento è contro ignoti. Ma che accade se, in una fase successiva delle indagini, magari anche a distanza di molto tempo, viene individuato un presunto responsabile? Cosa succede se sono già stati compiuti, a suo tempo, accertamenti tecnici ai quali i difensori dell'indagato, nominati in un secondo momento con la sua individuazione, non hanno potuto prendere parte? Quale tutela giuridica protegge questo indagato "tardivo"?
Ecco perché serve non solo un difensore dell'ignoto, ovvero un difensore d'ufficio nominato a tutela dell'eventuale indagato che potrebbe essere successivamente individuato, ma anche un consulente tecnico d'ufficio "a futura garanzia", che sarà scelto dall'avvocato d'ufficio e non nominato dal Pubblico Ministero, che è parte.
Quest' ultimo assunto sembrerebbe contrastare con le disposizioni del nuovo codice di procedura penale, in forza delle quali il Pubblico Ministero deve indagare anche in favore dell'indagato, ma in realtà omaggia il principio di difesa che è fondato sul diritto al contraddittorio.
Il tema è estremamente affascinante, e la proposta verrà sicuramente sorretta dall'impegno operativo del Collegio.
A dimostrazione della sua importanza, si osservi come anche dei "normali" accertamenti tecnici oggi considerati di routine assumano in realtà la valenza di prova processuale: in un banale sopralluogo fotografico, il punto di vista del fotografo è comunque mediato da una certa interpretazione della visione della realtà, perché un fotografo "di parte" potrebbe comunque scegliere una differente angolazione. Le parti devono quindi avere pari dignità processuale sin dall'inizio, anche se una di esse, inizialmente, non ha ancora una configurazione "fisica" nel soggetto indagato. In attesa di trovare un presunto colpevole, possono venire distrutte le prove senza garanzia di difesa, o compiuti accertamenti irripetibili, o semplicemente atti che comportino la modifica di luoghi e cose.
La questione è impegnativa anche sul piano dottrinale. perché sinora la Corte Costituzionale ha sempre ritenuto che il diritto alla difesa inizi soltanto con l'individuazione dell'indagato: ma se il contraddittorio. cardine della difesa, è -come è e deve essere- la possibilità di opporsi alle ipotesi accusatorie con prove, anche quelle portate dai consulenti tecnici, esso allora nasce in esordio, quando ancora il procedimento è contro ignoti.
Altri problemi
Nel pomeriggio il dibattito è entrato nel vivo di alcune proposte avanzate dal Collegio, come il problema della sostituzione temporanea del consulente tecnico: mentre l'avvocato, momentaneamente impedito, può farsi sostituire da un collega, questo non è consentito al perito o al consulente tecnico, la cui nomina è personale e non trasferibile neppure temporaneamente.
Molto sentita pure la questione della rotazione degli incarichi, che il Collegio Periti Italiani propone come criterio di equità: un problema non di poco conto, posto che, come informa il dottor Tommaso Sciascia, magistrato e responsabile del servizio consulenti tecnici del Tribunale civile di Roma. nei suoi albi risultano iscritti circa diecimila professionisti, a fronte di una media di seimila incarichi l'anno. Certo per molti professionisti l'iscrizione all'albo del Tribunale rappresenta unicamente una voce prestigiosa del curriculum, ma secondo alcuni intervenuti la rotazione degli incarichi è contraria alle leggi del libero mercato, e costringe il giudice ad assumere un consulente che non conosce oppure che conosce ma non gradisce. Essa, inoltre, fa cadere il rapporto di fiducia tra il perito e il magistrato. Qualche voce un pò maligna ha anche insinuato che chi l'ha proposta non e sicuro della propria preparazione, o ritiene che il giudice faccia favoritismi nell'assegnazione degli incarichi. Ricordiamo che, comunque, ci risulta ancora vigente l'articolo 23 del R.D. 18 dicembre 1941 nr. 1368 che stabilisce essere il Presidente del Tribunale a vigilare affinché, senza danno per l'amministrazione della Giustizia, gli incarichi siano equamente distribuiti tra gli iscritti all'albo: per l'attuazione di tale vigilanza il Presidente fa tenere dal cancelliere un registro in cui debbono essere annotati tutti gli incarichi che i consulenti iscritti ricevono e i relativi compensi liquidati. Ma è la questione della creazione di un Ordine o di un Albo la più sentita, e anche dal pubblico, costituito per la maggior parte da consulenti tecnici, sono giunti spunti critici di riflessione di cui il Collegio Periti Italiani ha fatto tesoro per l'elaborazione delle proprie proposte. Se qualcuno, polemicamente come l'ingegner Umberto Sannino in rappresentanza dell'Ordine degli Ingegneri di Roma e provincia, non crede nella necessità di costituzione di Albi e ruoli essendo bastevole l'istituzione del tirocinio, altri hanno osservato che utile sarebbe la costituzione di un Ordine Professionale. Risentito anche il rappresentante della S.l.M.L.A., l'associazione di categoria dei medici legali: dopo sei anni di studio universitario e quattro di specializzazione, cos'altro deve dimostrare un medico legale per poter fare il perito? L'osservazione non è fuori luogo tuttavia, è altrettanto vero che occorre disciplinare in modo rigoroso una attività di grande delicatezza e importanza, l'accesso alla quale oggi non e governato con omogenea, necessaria severità: un buon commesso d'armeria, o il commissario di una società tiravolistica, per quanto bravi, non possono diventare periti balistici per il solo fatto di maneggiare armi da mattina a sera.
Buonasera e grazie di essere intervenuti.